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La Razza

Sua Maestà l'Akhal -tekè

"Il cavallo d'oro", "l'atleta dal mantello di seta", "l'unico purosangue veramente puro", "il più bel cavallo del mondo": impossibile parlare di lui senza ricorrere in superlativi. Sicuramente l'akhal tekè è un animale straordinario. Diverso dagli altri cavalli almeno quanto il levriero, ad esempio, è diverso dagli altri cani.

E' originario del Turkmenistan, ex repubblica sovietica dell'Asia centrale, ricca di immense riserve di gas naturale, situata fra il Mar Caspio e l'Afghanistan, confinante a nord con l'Uzbekistan e a sud con l'Iran. La sua culla d'origine è un'oasi prospera sorta in mezzo al deserto del karakum, la valle dell'Akhal, il cui capoluogo reca un nome, Ashkabad, traducibile con "città dell'amore". Questo paradiso è il feudo di una tribù turcomanna, i Tekè, poco numerosi ma noti da sempre per la qualità dei loro ricami, monili e tappeti.

La loro impresa più riuscita, la loro più splendida creazione, tuttavia, non è un prodotto artigianale, bensì un cavallo. Un cavallo non molto alto (da 1.60 a 1.65 m) ma slanciato, fine, aggraziato, aristocratico, dal mantello serico, dai riflessi metallici, dalle andature flessuose. Un cavallo dalle lunghe gambe, dall'incollatura assai rilevata, con la testa espressiva e il ciuffo quasi inesistente.

"Un cavallo a cui si darebbe volentieri del Lei " spiegava Maria Cerkezova, una russa stabilitasi a Ashkabad e soprannominata "la madre degli Akhal Tekè" per aver dedicato la vita intera (morì nel 2003) alla salvaguardia di questa magnifica razza, che rischiava l'estinzione per effetto di una natura inclemente (Ashkabad fu devastata due volte, nel 1924 e nel 1948, da violenti terremoti) ma anche della stupidità umana: ritenendo che il cavallo dovesse far posto alla meccanizzazione, il potere sovietico aveva deciso, negli anni '50, di fare dell'Akhal Tekè un animale da macello!

Sarebbe stata una triste fine per un animale così fantastico, un cavallo dal passato così prestigioso. I Turkmeni, infatti, ritengono senza ombra di dubbio che il loro cavallo - che oggi campeggia al centro dello stemma della loro repubblica- sia l'antenato di tutti i cavalli. E' certo che fu la cavalcatura degli Sciiti, dei Parti e persino delle Amazzoni. Sicuramente Bucefalo, il cavallo di Alessandro Magno, era un Akhal Tekè. Sicuramente i famosi "cavalli celesti" degli imperatori cinesi erano anch'essi akhal tekè.

Di sicuro senza il coraggio di esperti appassionati, come Maria Cerkezova, o Vladimir Shamborant (zootecnico sovietico di origine francese), che si opposero al massacro, la razza si sarebbe probabilmente estinta. Oggi, fortunatamente, è oggetto di amorevoli cure, non soltanto nel suo territorio di origine ma anche nei paesi attigui, principalmente in Russia, in Germania e persino, da poco tempo a questa parte, negli Stati Uniti. Nonostante questa diffusione oramai mondiale, l'akhal tekè resta un animale raro: in tutto il mondo se ne contano poco più di tremila esemplari.

Apprezzato nei secoli per le sue prodigiose doti di fondo e resistenza, il cavallo turkmeno si è rilevato particolarmente dotato per il dressage: Absent è stato uno dei cavalli più premiati nella storia dei Giochi Olimpici. Questa facilità di apprendimento, sommata alla sua straordinaria bellezza, ne fa un animale ricercato anche dai circhi di tutto il mondo.

Testo di Jean-Louis Gouraud
Dal libro fotografico "CAVALLI" di Yann Arthus-Bertrand